L’azione revocatoria fallimentare è un particolare strumento giuridico che ha la precisa funzione di ricostituire il patrimonio dell’imprenditore fallito. Il meccanismo di funzionamento della revocatoria fallimentare è davvero peculiare: tale azione, infatti, ha la funzione di privare di effetto tutti gli atti posti in essere dall’imprenditore nel periodo antecedente alla dichiarazione i fallimento. L’azione revocatoria fallimentare, ovviamente, non colpisce tutte le categorie di atti posti in essere dall’imprenditore fallito ma soltanto quelli effettuati in palese violazione del principio della par condicio creditorum.
La revocatoria fallimentare nei numerosi interventi legislativi
L’istituto della revocatoria fallimentare che conosciamo oggi è profondamente diverso rispetto al passato: tale azione ha, infatti, subito numerose modifiche nel corso del tempo. Il Legislatore della riforma, in particolare, ha concentrato i suoi interventi cercando di contemperare due diverse esigenze ovvero quella di salvaguardare il depauperamento del patrimonio del fallito per la soddisfazione degli interessi dei creditori e di evitare un aggravamento della crisi d’impresa causata dal ritiro del sostegno all’impresa stessa di quei creditori spaventati dai potenziali effetti dell’azione revocatoria fallimentare.
Proprio per realizzare le citate opposte esigenze, il legislatore della riforma ha ridotto drasticamente il “periodo sospetto” per determinate categorie di atti. Ricordiamo che, per “periodo sospetto”, intendiamo il periodo di operatività dell’azione revocatoria. Nello stesso tempo, il legislatore della riforma ha introdotto alcune importanti esenzioni rispetto agli atti che possono essere “colpiti” con la revocatoria fallimentare.
Nei paragrafi che seguono, ci soffermeremo sulla legittimazione ad esercitare l’azione revocatoria.
Revocatoria fallimentare: i soggetti legittimati all’azione
Legittimato ad esercitare la revocatoria fallimentare è il curatore che è chiamato a proporla dinanzi allo stesso Tribunale che ha dichiarato il fallimento dell’impresa. Il curatore fallimentare deve proporre la relativa azione in un periodo di termpo ben stabilito ovvero entro tre anni dalla dichiarazione di fallimento e, comunque, non oltre cinque anni dal compimento dell’atto che si intende “colpire” con la revocatoria fallimentare.
L’azione proposta dal curatore fallimentare ha una funzione ben precisa: nel momento in cui essa viene proposta, tutti gli atti di disposizione, i pagamenti e le eventuali garanzie poste in essere dall’imprenditore fallito nell’anno oppure nei sei mesi antecedenti al fallimento, cessano di avere efficacia. Tutto ciò salvo, ovviamente, che l’altra parte provi di non essere a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore.
In particolare, secondo quanto disposto dal nuovo articolo 70 della Legge Fallimentare, se l’azione revocatoria ha ad oggetto “pagamenti avvenuti tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione multilaterale o dalle società previste dall'art. 1 della l. n. 1966/1939”, l’azione stessa deve essere esercitata e produce i suoi effetti nei confronti del destinatario della prestazione.
Per effetto dell’azione revocatoria fallimentare, il terzo è tenuto a restituire tutto quanto abbia ricevuto dall’imprenditore fallito. Nel momento in cui il terzo ottemperi a tale specifico obbligo, sarà ammesso al passivo fallimentare per recuperare il proprio credito.
Ma l’azione revocatoria fallimentare può riguardare anche atti estintivi di posizioni passive che derivino da rapporti di conto corrente bancario o da rapporti continuativi o reiterati. In questa fattispecie specifica, il terzo è chiamato – ai sensi dell’articolo 70 della Legge Fallimentare - a restituire “una somma pari alla differenza tra l'ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d'insolvenza, e l'ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si e' aperto il concorso”.
In questo caso, ovviamente, il convenuto avrò diritto ad insinuarsi nel passivo fallimentare dell’impresa per recuperare l’importo corrispondente a quello che ha restituito.
Revocatoria fallimentare: gli atti a titolo gratuito
Importante è la distinzione proposta dalla Legge Fallimentare che differenzia, ai fini della revocabilità, gli atti gratuiti posti in essere dal fallito e quelli a titolo oneroso, i pagamenti e le garanzie ex art. 67 L.F.
In questo paragrafo ci occuperemo, in particolare, della revoca degli atti a titolo gratuito.
In particolare, la revoca è ope legis per gli atti a titolo gratuito posti in essere dal fallito (come, ad esempio, rinunzie, remissioni, adempimenti di debiti altrui) compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento. La revoca è ope legis anche per gli atti compiuti dal fallito in adempimento di un dovere morale oppure a scopo di pubblica utilità.
La stessa disciplina è prevista per i pagamenti di crediti scadenti nel giorno della dichiarazione di fallimento oppure posteriormente, nel caso in cui essi siano stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.