Di fondamentale importanza per il buon andamento della procedura fallimentare, il curatore viene nominato con la sentenza di fallimento oppure, in caso di revoca o di sostituzione, con decreto del Tribunale.
E’ al curatore fallimentare che viene affidato un compito importante e di grande rilevanza pratica come l’amministrazione del patrimonio fallimentare. Il curatore, inoltre, è colui che pone in essere tutte le operazioni della procedura fallimentare che rientrano nella propria competenza pur essendo assoggettato al “controllo” e alla vigilanza del Giudice delegato e del comitato dei creditori. La riforma della Legge Fallimentare ha modificato ed arricchito i poteri ed i compiti che spettano al curatore fallimentare. Costui, attualmente, è chiamato – insieme al comitato di creditori – ad effettuare le scelte più opportune e necessarie per gestire in maniera efficiente ed ottimale l’intera procedura. In particolare, non è più il Giudice Delegato a dirigere la procedura ma è il curatore fallimentare che effettua le proprie scelte, sotto la vigilanza del Giudice e del comitato. Sono davvero molteplici i compiti che la riforma della Legge Fallimentare ha affidato al curatore: andiamo a scoprirli insieme nei paragrafi che seguono.
I compiti del curatore fallimentare
La Legge di riforma ha conferito al curatore fallimentare ampi poteri, essenziali per il buon andamento della procedura. Innanzitutto, il curatore ha il compito di esercitare in maniera provvisoria l’impresa e di predisporre il programma di liquidazione.
Compiti fondamentali sono previsti anche nella fase dell’accertamento del passivo: il curatore fallimentare, in questo particolare momento della procedura, si occupa di formare lo stato passivo. Un compito che, come ricorderete, prima della riforma era affidato al Giudice delegato.
Il curatore fallimentare ha inoltre il compito di rassegnare “motivate conclusioni” sulle domande dei creditori e, nello stesso tempo, è chiamato ad eccepire – ai sensi dell’articolo 95 L.F. .- eventuali fatti modificativi, estintivi oppure impeditivi “del diritto fatto valere, nonché l'inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione”. In seguito alla riforma, il curatore fallimentare ha acquisito anche il compito di apporre i sigilli sui beni dell’imprenditore fallito: un’attività che va ad aggiungersi al compito di procedere all’inventario dei beni.
Curatore fallimentare: gli obblighi di comunicazione e di relazione
Svariati e molteplici sono, inoltre, gli obblighi di relazione e di comunicazione che la Legge di riforma ha attribuito al curatore fallimentare. Costui è tenuto, innanzitutto, ad effettuare le comunicazioni ai titolari di diritti sui beni del fallito e ai creditori utilizzando l’indirizzo di posta elettronica certificata. Il curatore fallimentare ha altresì l’obbligo di conservare tutti i messaggi ricevuti ed inviati: tale preciso dovere sussiste in pendenza della procedura e fino a due anni dalla sua chiusura.
La relazione particolareggiata ex art. 33 L.F.
Ai sensi dell’articolo 33 L.F., il curatore fallimentare deve inoltre presentare al Giudice Delegato una relazione particolareggiata sulle cause e sulla circostanze che hanno condotto al fallimento dell’impresa. Tale relazione deve essere redatta entro sessanta giorni dalla dichiarazione di fallimento e deve altresì fare menzione della eventuale diligenza impiegata dal fallito nell’esercizio dell’impresa nonché della sua responsabilità. La relazione deve, infine comprendere qualsivoglia informazione possa essere utile ai fini dell’istruttoria penale.
La responsabilità e la nomina del curatore fallimentare
Come abbiamo visto, il curatore fallimentare è chiamato a porre in essere una serie di attività utili per il corretto svolgimento della procedura. Ecco perché il Legislatore ha previsto specifiche responsabilità a suo carico e particolari requisiti per la sua nomina. Il curatore fallimentare è un pubblico ufficiale e, come tale, è tenuto ad adempiere ai doveri del proprio ufficio con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. Stringenti sono i requisiti previsti dall’articolo 28 L.F. necessari per la nomina del curatore fallimentare. La citata norma stabilisce che possono essere nominati curatori: “a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti; b) studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all'atto dell'accettazione dell'incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura; c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.” Infine, la norma stabilisce le ipotesi peculiari in presenza delle quali un soggetto non può essere nominato curatore fallimentare. L’articolo 28 L.F. stabilisce che: “Non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell'impresa durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento”.