Il diritto all'abitare sembra sempre più ignorato. La bozza della legge di Stabilità non tocca in alcuna maniera una strada che garantisca un finanziamento per il 2015, al Fondo nazionale di sostegno per l’accesso alle abitazioni in locazione: in un Paese in cui, stando agli ultimi dati ISTAT, nel 2013 il 28,4% delle persone residente era a rischio di povertà o esclusione sociale. Il fondo dedicato agli effetti ha una capacità d’intervento di appena 50 milioni di euro, questi sono stati stanziati a febbraio ma non sono ancora state resi liquidi. Tant'è che alcuni comuni stanno ancora raccogliendo richieste.
Le misure urgenti per l'emergenza abitativa
Si parla di una legge, la n.80 del 2014 che ha per oggetto “misure urgenti per l’emergenza abitativa”, ma è una vera e propria minaccia al patrimonio immobiliare pubblico, giacché condurrà ad una dissennata vendita delle case popolari all'asta, ovvero liberarsi di ciò che servirebbe a rispondere all'emergenza abitativa.
Il decreto che darà attuazione alla legge prevedendo i criteri di vendita
Tra poco sarà emanato il decreto attuativo dell’articolo 3, il quale prevede i criteri di vendita all’asta immobiliare, contro il qualel’Unione inquilini ha fatto partire una mobilitazione, in programma il prossimo 6 novembre: “Tutti sui tetti per dire che le case popolari sono un bene comune che non si svende ma si rilancia – spiega il segretario Walter De Cesaris -. Una catena umana sulla cima delle case popolari per dire che non ci butteranno giù ma anche che non vogliamo ‘buttarci giù’. Abbiamo una alternativa molto credibile e fattibile: recuperare il patrimonio pubblico in disuso riutilizzarlo ai fini della residenza sociale è una grande operazione di equità sociale e di rilancio del Paese, un investimento sul futuro”.
Le parole di De Cesaris paiono sensate, ma – è bene ricordarlo di nuovo – nell’agenda di governo il “diritto all’abitare” non c’è, e almeno due esponenti dell’esecutivo - Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture, e Angelino Alfano, ministro del’Interno – “spalleggiano” in questi giorni una campagna stampa che prende di mira gli abusivi, coloro che occupano appartamenti pubblici sfitti.
L'articolo 5 della Legge
Il testo dell’articolo 5 della stessa legge spiega che “chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo e gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge”. Quasi a voler sembrare garantista. Ma l’Unione inquilini spiega che “in Italia ci sono 700 mila famiglie che avrebbero diritto a una casa popolare, [perché] hanno fatto regolarmente domanda e i Comuni ne hanno certificato il diritto, ma queste persone rimangono prive di una risposta perché i Comuni non possono fornirla per carenza di abitazioni da offrire. La sofferenza abitativa complessiva è valutabile in circa 2 milioni di nuclei (sfrattati, senza casa, coabitanti, persone in difficoltà a pagare l’affitto). Gli sfratti per morosità crescono anno dopo anno e sono oggi il doppio di quelli di soli 5 anni fa. Questo è il brodo di cultura dell’abusivismo diffuso e della guerra tra poveri nel comparto delle case popolari. Se non si affronta il problema della carenza degli alloggi sociali in Italia a monte, infatti, non si risolverà mai quello dell’abusivismo diffuso a valle. Governo, Regioni e Comuni rispondano dei 40mila alloggi popolari oggi non assegnati e che potrebbero essere recuperati con un modesto intervento economico. Perché sono lasciati al degrado e al deperimento e sono vuoti quando fuori c’è una sofferenza sociale che grida aiuto?”.
Tutto ciò accade quando la storia insegna, sessant'anni fa, con le parole del sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, che il 24 settembre 1954 in consiglio comunale, a chi lo attaccava per la requisizione degli alloggi che i privati tenevano sfitti, l'importanza del “diritto all’abitare”:
“Signori, io dico a voi, chiunque voi siate: se voi foste sfrattati? Se l’ufficiale giudiziario buttasse sulla strada voi, la vostra sposa, i vostri figli, i vostri mobili, voi che fareste? Se il vostro reddito, fosse, per esempio, di 30mila, 40mila, 50mila lire al mese, come fareste a procurarvi una casa dove si paga 20mila o 30mila lire al mese di pigione? Ditemi voi, come fareste? Sapete quale è il numero degli sfratti coi quali abbiamo avuto da fare in questi tre anni? Se vi dico tremila non vi dico un numero eccessivo! Ebbene, io vi prego, signori consiglieri, potreste restare indifferenti davanti a questa marea che diventa disperante per chi ne è investito? In una comunità cittadina non bestiale ma umana è possibile lasciare senza soluzione un problema così drammatico per la sua improrogabilità ed urgenza? È possibile che un Sindaco, di qualunque parte sia, se ne resti indifferente davanti a tanta cruda sofferenza? Ripeto, se capitasse a voi di essere sfrattati e nelle condizioni di non potere pagare 20mila lire di pigione avendo un reddito di 40 o 50mila lire mensili, che fareste? Eppure è stata proprio questa una delle cause che più vi hanno irritato, signori consiglieri: ho requisito le case! Che grave colpa! Ma che dovevo fare? Ho dato una mano di speranza -del resto sulla base di una legge!- a tante famiglie povere e disperate! [...] ebbene, signori consiglieri, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia! Ma non avete il diritto di dirmi: signor sindaco non si interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.)”.