Secondo quanto afferma una recente pronuncia da parte della Corte di Cassazione, l’'imprenditore deve gestire correttamente il proprio patrimonio aziendale, assicurando che l’'esercizio dell’'attività di impresa sia rispettosa delle norme previste dalle attuali leggi, e garantendo così la tutela degli interessi di tutti coloro che hanno interessi nell’'impresa, come i dipendenti. Il che è traducibile, ricorda la sentenza n. 45665/15 della stessa Suprema Corte, nel sostanziale fatto che l'’imprenditore deve sempre destinare le risorse dell’'azienda a impieghi documentati e compatibili con il volume d'’affari della propria attività.
Il caso all'attenzione della Corte
La Corte si è soffermata sul caso di tre imprenditori a processo per il reato di bancarotta fraudolenta, accusati di aver tenuto le scritture contabili aziendali in maniera tale da rendere impossibile la dovuta ricostruzione del volume d’affari della società. Tra le accuse, anche quella di aver sottratto e nascosto una significativa somma di denaro registrata contabilmente alimentando la voce “Finanziamento Soci”: somma di denaro che, sostenevano gli imprenditori, sarebbe servita a pagare (in nero) gli straordinari dei propri operai. I giudici di legittimità, espressisi in tal proposito, hanno tuttavia ritenuto poco credibile la tesi difensiva degli imputati, secondo cui la destinazione della somma distratta sia stata rivolta solo ed esclusivamente al pagamento in nero degli stipendi e degli straordinaria dei dipendenti della società. Per la Cassazione, la difesa dei tre imprenditori accusati non poteva essere ritenuta credibile, poiché vi era un concreto sbilanciamento tra le somme distratte – definite troppo ingenti – e l’'entità degli stipendi e degli straordinari pagati ai dipendenti. In termini più concreti, l’'entità delle somme distratte dal patrimonio societario avrebbero potuto essere giustificate dal lavoro degli operai della società, solamente se questi avessero lavorato continuativamente anche di notte. Sentiti sull’'accaduto, gli operai hanno da una parte confermato di aver ricevuto delle retribuzioni fuori busta paga, e dall’'altra hanno evidenziato come il loro lavoro straordinario non avesse tuttavia interessato anche l’'orario notturno (che invece, ricordiamo, era il “requisito” utile per poter dimostrare la congruità delle somme distratte, e quelle che sarebbero state corrisposte ai dipendenti). In aggiunta a tale incongruità di importi distratti e corrisposti, i giudici della Suprema Corte hanno poi evidenziato come esistesse una netta contraddizione tra il presunto straordinario pagato in nero ai propri operai, e il licenziamento degli stessi dipendenti, avvenuto nello stesso anno in cui si verificava il dissesto dell’'azienda. Eventi ritenuti incompatibili con una lineare condotta di gestione aziendale e, pertanto, meritevoli di attenzione nei fini di cui sopra. Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione ha ritenuto sussistere, per i tre imprenditori, il reato di bancarotta fraudolenta: gli accusati avevano infatti diminuito volontariamente il patrimonio dell’'azienda fino a condurla al fallimento, e distraendo in maniera dolosa delle significative somme economiche, con il pretesto di aver pagato in nero il proprio personale, parte del quale era poi stato licenziato nello stesso anno del dissesto. Pagamenti ammessi in parte dagli operai aziendali ma, nel contempo, insoddisfacenti per poter ricostruire la distrazione di tali ingenti somme dal patrimonio societario.