Stando a quanto sostenuto dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 8020/2016, non è reato di turbata libertà degli incanti, ex art. 353 c.p., se la moglie del proprietario espropriato, dopo l'aggiudicazione del bene, presenta delle istanze di aumento del prezzo, senza poi versare la somma entro il termine previsto, allo scopo di evitare la vendita della casa. La pronuncia della Suprema Corte inverte in tal modo il giudizio che era stato precedentemente formulato dalla Corte d'Appello, secondo cui l'imputato avrebbe invece alterato il regolare funzionamento e la libera partecipazione della gara media "mezzi fraudolenti" che sono consistiti nel far partecipare la moglie all'asta, presentando istanze di aumento del sesto del prezzo, con lo scopo di prolungare la gara e con l'intento di aggiudicarsi il bene messo all'asta.
Le opinioni della Cassazione
Secondo i giudici, infatti, le offerte in aumento effettuate per conto dell'imputato dalla moglie, e non seguite dal versamento della somma nel termine, avevano come unico scopo quello di turbare lo svolgimento della gara, abbassando il prezzo dell'asta e permettendo all'imputato di poter riacquistare l'immobile di sua proprietà, sottoposto a una procedura di espropriazione immobiliare. Non rileva, seconod i giudici, la circostanza che la parte civile si sia comunque aggiudicata l'immobile: secondo i giudici, infatti, il danno esiste sia con riferimento all'aggiudicazione "tardiva", sia in relazione al maggior prezzo di acquisto che è stato versato in seguito degli aumenti di un sesto. Per quanto intuibile, di diverso avviso è stato il soggetto che ha proposto ricorso in Cassazione, secondo cui il meccanismo procedurale sopra descritto sarebbe stato esercitato come un suo diritto.
Ebbene, i giudici della Suprema Corte ritengono che la condotta posta in essere dal ricorrente non possa essere configurata come fraudolenta, poichè la moglie del ricorrente si è limitata ad attivare regolarmente una procedura ampiamente prevista dal codice di procedura civile, e che prevede la possibilità di presentare delle offerte in aumento, successive all'aggiudicazione. Pertanto, contrariamente a quanto è stato affermato in sede d'appello, difficilmente si può affermare che la procedura prevista dal codice sia un "mezzo fraudolento", poichè a divenire un mezzo fraudolento sarebbe, semmai, l'abuso di tale facoltà procedimentale.
Abusi e fattispecie
Ancora, la Cassazione afferma che nel caso in esame debba escludersi che vi sia stato un abuso, considerando che le istanze di aumento di un sesto sono state fatte solo in due occasioni, e senza peraltro arrecare un danno alla parte civile. Pertanto, il fatto che all'asta giudiziaria abbiano partecipato la moglie (e la cognata dell'imputato) non è circostanza che, da sola, può rilevare ai fini della sussistenza del reato di turbata libertà degli incanti. Dunque, la sentenza impugnata deve essere annullata, con revoca delle statuizioni civili.
Riassumendo, ne emerge che non è mezzo fraudolento la facoltà procedurale sopra descritta, e che non può essere ritenuto nemmeno abuso della facoltà procedurale la possibilità che un parente del proprietario del bene espropriato possa attivare il meccanismo di cui all'art. 585 cpc.