Sono stati inseriti nuovi limiti per il prelievo forzoso nel caso dei pignoramenti della pensione e dello stipendio.
La riforma del procedimento al vaglio del Governo inserisce nuovi limiti per il prelievo forzoso sul contopresso terzi in materia di pignoramento pensione e stipendio. Le nuove misure sembrano voler trovare un compromesso tra l’esigenza dei creditori di vedere soddisfatto il debito e quella dei debitori di vedersi garantito un importo al fine di vivere dignitosamente.
Il decreto legge dà l'autorizzazione ai creditori a richiedere alle banche in cui i debitori hanno il conto, di accedere alla banca dati informatica per verificare la lista dei beni pignorabili. Per il prossimo anno quindi non si dovrà richiedere preventivamente la pubblicazione dei decreti attuativi a cui la riforma del 2014 aveva subordinato questa possibilità. Sulla carta infatti tale potere era già stato previsto lo scorso anno ma, poiché mancava la relativa normativa di attuazione, c'erano degli avvocati che avevano negato l’utilizzo di tale strumento. Ora invece questi dati erano diventati disponibili anche per creditori privati e non solo per Equitalia.
La pensione minima non può essere toccata
Contemporaneamente la riforma viene incontro alle esigenze dei debitori andando a fissare dei limiti al prelievo del quinto dello stipendio o della pensione. Per quanto concerne nello specifico la pensione è stato fissato che sul conto deve essere tenuta quella vitale, che corrispode all’assegno sociale mensile più la metà. Ne discende che la pensione che non raggiunge questa soglia non può essere pignorata. Alcuni limiti sono imposti anche per la parte in eccesso.
I limiti che sono stati previsti per avvantaggiare il debitore
Nelle ipotesi diverse da quelle della quota pensione impignorabile, ci sono i seguenti limiti:
- se l’accredito in banca è avvenuto prima del pignoramento, le somme possono essere pignorate per l’importo che eccede il triplo dell’assegno sociale;
- se l’accredito in banca ha una data uguale o posteriore rispetto a quella del pignoramento le predette somme possono essere pignorate entro i limiti stabiliti dalla precedente legge ovvero nella misura concessa dal giudice e, in ogni caso, mai oltre il quinto.
I limiti previsti al pignoramento nello specifico
Bisogna sottolineare che i limiti al pignoramento sopraccitati sono valevoli per tutti i creditori, pubblici o privati. Valgono quindi anche per Equitalia. In quest’ultimo caso inoltre:
- se lo stipendio o la pensione sono inferiori a 2.500 euro, l’importo massimo pignorabile è di un decimo;
- se l’accredito mensile è compreso tra 2.5001 e 5.000 euro, la quota pignorabile è pari ad un settimo;
- se pensione o stipendio superano i 5.001 euro il pignoramento può essere eseguito entro i limiti sopra previsti per tutti i creditori.
La legge ha previsto come condizioni per pignorare lo stipendio, ovvero le somme che i privati devono a titolo di stipendio, di salario o di altra indennità (incluse le pensioni) relative al rapporto di lavoro o di impiego, assieme a quelle dovute a causa di licenziamento, che possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura sottoposta ad autorizzazione dal Tribunale o da un Giudice da esso delegato. Era stato previsto che queste somme potessero essere pignorate nella misura di un quinto (1/5) per i tributi dovuti allo Stato, alle Province e ai Comuni, ed allo stesso modo per ogni altro credito. Di recente, però, vi sono state delle modifiche importanti sul tema.
Se parliamo di pensioni, vediamo che queste non possono essere sottoposte a pignoramento, per un ammontare che corrisponde alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà.
Solo la parte che va oltre tale ammontare sarà pignorabile nei limiti di legge (un quinto). Stando all’INPS, la misura massima dell’assegno è pari a €.448,52, per l’anno 2015 e quindi la quota di pensione pignorabile dovrà essere quella che eccede la somma di €.672,78.
Relativamente al pignoramento degli stipendi, le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, assieme a quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per un importo che va oltre il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti pari a quelli della legge (un quinto). Anche in questo caso il parametro da considerare è la misura dell’assegno sociale di €.448,52 e in particolare il suo triplo cioè €.1.345,56. Cosa cambia rispetto al passato è il fatto che se viene eseguito un pignoramento presso la banca del debitore (o la Posta), gli importi già accreditati a titolo di stipendio potranno essere pignorati per il massimo di €.1.345,56 oltre a tutte le altre somme del debitore presenti in banca a qualsiasi altro titolo. Nulla cambia nel caso possa essere eseguito il pignoramento dello stipendio presso l’azienda datrice di lavoro. Sarà sottoposto ad accantonamento, come sovviene, un quinto dello stipendio.