Con la sentenza n. 4844 dello scorso 11 marzo 2016, la Corte di Cassazione ha definito i debiti previdenziali come debiti strettamente collegati all’esercizio dell’impresa, e che della stessa costituiscono necessaria conseguenza. Ne è conseguito che i giudici della Suprema Corte hanno respinto il ricorso che l’INPS aveva presentato, con lo scopo di sottrarre all’esdebitazione i debiti sofferti nei suoi confronti dal socio di una società di persone (Snc) dichiarato fallito.
Cosa è l’esdebitazione?
Prima di procedere oltre, può essere utile ricordare che cosa si intende per “esdebitazione”, sancito dall’art. 142 della legge fallimentare, per cui “il fallito persona fisica è ammesso al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti” nell’ipotesi in cui rispetti 6 requisiti, di seguito riassunti:
- abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
- non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;
- non abbia violato le disposizioni di cui all’articolo 48;
- non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta;
- non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;
- non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione. Se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospende il procedimento fino all’esito di quello penale.
La stessa l.f. ricorda inoltre come l’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali, e che rimangono in ogni caso esclusi dall’esdebitazione:
- gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti non compresi nel fallimento ai sensi dell’articolo 46;
- i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale nonché le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti.
Cosa ha sancito la Cassazione
Nella fattispecie oggetto di trattazione, l’applicazione dell’esdebitazione ai debiti previdenziali era stata decisa dalla Corte d’Appello, che già aveva avuto modo di respingere la tesi dell’INPS secondo cui la natura pubblica del rapporto previdenziale avrebbe condotto all’indisponibilità dello stesso da parte del datore di lavoro. Dunque, per l’istituto previdenziale il rapporto sopra anticipato non sarebbe frutto di una scelta libera dell’imprenditore, bensì discenderebbe dalla legge. La Cassazione ha ritenuto invece manifestatamente infondata tale interpretazione, ricordando che il debito previdenziale non è tra quelli esplicitamente menzionati dall’art. 142 l.f., che dispone l’esclusione dell’esdebitazione, e che neppure può rientrare nei “rapporti estranei all’esercizio d’impresa”. Per la Cassazione, “la modifica dell’art. 142, 3 comma, lett. a) introdotta dal correttivo (che dispone che l’esclusione dell’esdebitazione per ‘gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa’) va nel senso di individuare l’area oggettiva dell’esclusione come relativa ai debiti personali non assunti per l’esercizio dell’impresa” ed anzi, per i Supremi Giudici, “la formula adottata della ‘estraneità’ priva di significato ogni tentativo di ricomprendere nell’ambito dell’esclusione i cd. debiti involontari; ed i debiti previdenziali sono strettamente collegati all’esercizio dell’impresa, e della stessa costituiscono necessaria conseguenza”.