Lo stabilimento della “Marconi” di Lauzacco, è società dichiarata fallita nel dicembre del 2008.
La questione da tempo in atto
L’ultima parola sulla querelle presente da tempo tra il Comune di Pavia di Udine, che con due successive ordinanze aveva imposto al curatore fallimentare l’onere dell’operazione - calcolata in circa 600 mila euro -, e lo stesso curatore, che fin dal 2009 aveva resistito, ricordando come questo avrebbe dissolto la somma a disposizione della massa dei creditori, è stata pronunciata in questi giorni dal Consiglio di Stato.
Una volta giudcato fondato l’appello che l’avvocato Marco Marpillero aveva presentato per conto del curatore Andrea Bonfini, la quinta sezione ha annullato gli atti inviati in passato dal sindaco e rimesso a carico dell’amministrazione la spesa o, quantomeno, l’anticipo dei fondi.
“Gli obblighi imposti dalle pregresse ordinanze sindacali - si legge nel dispositivo - non possono essere riversati sul fallimento della Marconi, che non può essere reputato un subentrante, ossia un successore dell’impresa sottoposta alla procedura fallimentare, e che non acquista la titolarità dei suoi beni, ma ne è solo un amministratore con facoltà di disposizione”.
Il che, se da un lato pone fine al contenzioso legale, dall’altro non risolve la questione, ritenendo non di competenza del Consiglio di Stato “pronunciarsi sulla posizione dei comproprietari dell’immobile” e tanto meno “occuparsi dei modi in cui l’amministrazione, una volta eventualmente operata l’esecuzione in danno prevista dal comma 3 dell’art.192 del Codice dell’ambiente, possa recuperare a carico della società fallita le somme così anticipate”.
La sentenza in termini di diritto
Una cosa, comunque, è sicura: la sentenza - importante anche in termini di principio di diritto in materia di successione degli obblighi - ha tutelato i soldi dei creditori, compresi i dipendenti ai quali non erano stati corrisposti gli stipendi nel periodo di crisi della Marconi. Aspetto di cui, con evidenza, non si era tenuto conto nel maggio del 2010, quando il Tar aveva dichiarato inammissibile il ricorso.
Della pericolosità “per la salute pubblica e per l’ambiente” del materiale giacente nell’area di via Palmanova (circa 4 mila tonnellate di rifiuti) si era tornati a parlare poco più di un mese fa, in occasione del blitz predisposto da carabinieri, Arpa, Ass n.4 “Medio Friuli” e Provincia, nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla Procura di Udine per accertare l’eventuale inquinamento dei terreni e, in particolare, delle coltivazioni dei campi di mais circostanti.