L’amministrazione si è impegnata per trovare una soluzione e ha messo a disposizione il palasport per un incontro pubblico con i 17 mila risparmiatori.
L’idea della class action contro Coop
Si pensa ad una class action contro la Coop, con il Comune di Trieste. Prima dell'audizione, Cosolini ha parlato con i risparmiatori:sono in molti ad essersi presentati in piazza Unità, innanzi al municipio, per parlare della loro preoccupazione.
Circa 103 milioni di euro del prestito sociale delle Cooperative operaie adesso non esistono. È il denaro dei piccoli risparmiatori, circa 17mila, non si trova. Finora ha retto l’intera struttura, è quello che spiegano chiaramente i pm Federico Frezza e Matteo Tripani che si sono informati presso il Tribunale civile del fallimento della società e in merito alla nomina dell’amministratore giudiziario Maurizio Consoli. All’interno del provvedimento si può osservare: “Questi 103 milioni di euro la Coop non li ha. Non è che non ne ha 100, non ne ha nemmeno 50 e forse nemmeno 10”.
Il caso è abbastanza chiaro per Gianfranco Carbone che da sempre si occupa delle Cooperative operaie. “Dopo i provvedimenti dell’autorità giudiziaria e la nomina dell’amministratore tutti coloro che hanno depositato i propri risparmi alle Coop avranno, da oggi, l’amara sorpresa di non poterli ritirare”.
La realtà l’hanno constatata proprio gli stessi risparmiatori che ieri si sono presentati, molto arrabbiati, presso gli uffici della Coop sita in via Gallina. L’ufficio è stato subito chiuso a causa dei problemi insorti.
I risparmiatori temono per il futuro delle Coop Operaie
In concreto, cosa possono fare i risparmiatori? Secondo Carbone deve essere fatta una premessa. “Gli importi versati alle Coop, tecnicamente, non sono “risparmi” (che come tali sarebbero garantiti fino a 100mila euro dal Fondo interbancario) ma “prestiti” dei soci garantiti dal patrimonio della società e da una fideiussione pari al 30% delle somme depositate di un Istituto bancario. Dunque concretamente - spiega - se le Coop dovessero fallire coloro che hanno depositato i loro soldi (e si tratta di piccoli risparmiatori con un tetto di depositi di 30 mila euro) avrebbero la certezza di recuperare il 30 per cento dei depositi. La differenza potrebbero sperare di recuperarla solo dopo la liquidazione (fallimentare) del patrimonio delle Cooperative stesse. Va detto che il loro credito non ha “privilegio” (verrebbero pagati prima i dipendenti, l’ Inps, lo Stato per le imposte). Sarebbe un credito “chirografario” e, al momento, non so prevedere in che percentuale (superiore al 30 per cento) recupererebbero i loro soldi.”.
Sembrerebbero esserci poche speranze, in caso di fallimento è sicuro che una percentuale alta dei risparmi verrebbe persa ed una quota minore sarebbe collegata alla vendita dei beni delle Cooperative.
Sono state fatte vendite immobiliari fittizie per coprire il buco Coop
I pm Frezza e Tripani hanno individuato lo stratagemma con il quale veniva falsato il patrimonio netto: con esso si rientrava nei parametri per il prestito sociale arrivando ad un passivo da 37 milioni di euro. I conti attualmente sono bloccati e l’ufficio dei soci è chiuso. La domanda resta chi era che doveva controllare e garantire?
L’avvocato spiega: “Devo ricordare che si sta consolidando una giurisprudenza che attribuisce la responsabilità di risarcire i depositanti all’Ente che avrebbe dovuto controllarne i conti: nel nostro caso la Regione e le sue inutili revisioni ordinarie e straordinarie che non hanno mai fatto emergere la voragine accertata dal consulente della Procura. Ma in questo caso sarebbe necessario avviare azioni giudiziarie contro la Regione, certamente, almeno all’inizio, costose, lunghe e, come ogni causa, incerte nell’esito finale. L’alternativa è che le Coop Operaie non falliscano ed è questo l’auspicio della stessa Procura. In tale caso si tornerebbe a una gestione ordinaria e gli stessi “risparmiatori” vedrebbero riconosciuti i loro crediti. Ritengo sia questo l’obiettivo cui debbono guardare gli stessi risparmiatori contribuendo a creare in città un clima di attenta solidarietà nei confronti dell’impegno dell’amministratore sperando che anche i creditori non avanzino richieste di fallimento. Si tratta di operare per due mesi al massimo. È questo il tempo necessario per capire se è percorribile il piano di salvataggio impostato da alcuna grandi Cooperative nazionali. La tutela effettiva anche dei risparmiatori si può ottenere consolidando la gestione delle Coop e facendole ripartire nel solco della loro centenaria tradizione. Non è né semplice ne facile. Ma non vedo altre strade”.