Il concordato può non raggiungere gli scopi per cui era stato proposto o perché non si riesce ad adempierlo o perché c’è stato il dolo del proponente; ci può essere quindi la risoluzione e l'annullamento del concordato.
Cominciamo dalla risoluzione, prevista dall'art. 137 l.f. Se il concordato è stato omologato ma le garanzie promesse non vengono costituite o il proponente non adempie regolarmente gli obblighi derivanti dal concordato, entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto nel concordato, ciascun creditore può chiedere la risoluzione del concordato depositando ricorso nella cancelleria del tribunale.
Il tribunale applica la procedura prevista per la dichiarazione di fallimento, in quanto compatibile, ex art. 15 l.f. in merito all’istruttoria prefallimentare, ma al giudizio partecipa anche l’eventuale garante.
La decisione del tribunale è presa con sentenza provvisoriamente esecutiva. Se il ricorso sarà accolto, si avrà la riapertura del fallimento. Entro 30 giorni può essere proposto il reclamo contro la sentenza, con ricorso innanzi alla corte d’appello. Il giudizio si svolge nelle stesse forme previste per il reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento ex art. 18 l.f.
La risoluzione avviene a seguito di un inadempimento degli obblighi derivanti dal concordato, e causa la riapertura del fallimento. La risoluzione del concordato può essere richiesta solo se non sono stati adempiuti con regolarità gli obblighi derivanti dal concordato fallimentare