Procedure Concorsuali

Recupero Iva e procedure concorsuali: cambio di rotta del legislatore


Cambio di rotta, non troppo improvviso, da parte del legislatore italiano in materia di anticipo del recupero Iva in caso di omesso pagamento da parte del debitore sottoposto a procedura concorsuale, come previsto da una modifica all'art. 36 del Dpr 633/72. Dopo aver infatti sancito un rinvio dell'applicazione di tale previsione al 2017, e solo per le procedure che sono avviate dopo il 31 dicembre 2016, infatti, il legislatore sembra ora esser tornato definitivamente sui passi originari, sancendo la cancellazione di quella modifica e, dunque, riscrivendo ancora una volta l'art. 26, riconfermando l'assetto vigente.

Cosa cambia (ancora una volta)?

In altri termini, il legislatore è tornato sui livelli originari e, di conseguenza, ha cancellato la previsione che avrebbe permesso un recupero Iva più facile nei confronti di quei debitori sottoposti a procedure concorsuali. Come intuibile, la cancellazione della modifica, e la riproposizione di una nuova versione dell'art. 26, ha lasciato molto delusi gli operatori che avendo effettuato la prestazione di servizi o la cessione di beni e avendo versato la relativa Iva, devono ora attendere anni per poter recuperare un'imposta che lo Stato ha sì incassato, ma che proprio a causa del mancato pagamento, il cliente non ha mai rimborsato.

Non è questo, comunque, l'unico effetto discutibile del cambio di rotta del legislatore, che intervenendo ancora una volta sull'art. 26 ha anche sterilizzato un altro effetto positivo che era stato previsto dalla disposizione precedente, come riformulata nel corso dell'anno: quello relativo al fatto che nel caso di variazione nei confronti della procedura concorsuale dell'imposta, il debitore non avrebbe dovuto registrare a proprio sfavore il minore credito che sarebbe scaturito dalla nota di variazione inviata dal creditore. Una misura che molti avevano accolto con favore visto e considerato che, a prescindere dalle vicende delle singole posizioni creditorie che insistono sulla procedura, non dover considerare la rettifica dell'imposta sul valore aggiunto rendeva più stabile e certa la tenuta finanziaria della procedura.

Le motivazioni della decisione

A indagare sulle motivazioni sottostanti questa decisione, si potrebbe intuire come la scelta del legislatore sia ispirata principalmente da ragioni di gettito, anche se in realtà non sono pochi gli analisti che ritengono insoddisfacente tale deduzione, considerate le (più volte) auspicate volontà di rilancio dell'economia: la novità produce infatti sull'intero sistema un nuovo aggravio che va a ricadere sugli operatori economici che indirettamente sono colpiti dalla crisi del proprio cliente.

In aggiunta a quanto sopra - sottolineava il quotidiano economico Il Sole 24 Ore - quanto accaduto riporta in contemporaneità la discussione sulla compatibilità dell'art. 26 rispetto alle regole dell'Unione Europea. Insomma, un potenziale pasticcio, sul quale c'è ancora la speranza di un ripensamento, valutando magari in maniera più attenta gli effetti giuridici e finanziari, e non solo quelli legati al bilancio dello Stato....


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