A Palermo dove si celebra Paolo Borsellino, preso a esempio di un certo tipo di magistratura, c’è chi – come l’architetto Giuseppe Catalano. 60 anni – lotta con altro tipo di magistratura, indicata dal professionista come una “casta”.
Il fatto
La mattina di venerdì 18 luglio l’ex imprenditore edile tenta il suicidio nella sua abitazione, nei pressi dei Cantieri navali a Palermo. Si versa addosso la benzina che tiene in casa per diluire i colori delle tele che dipinge per hobby e minaccia di compiere il folle gesto.
Per fortuna l’ intervento di un poliziotto e di un carabiniere riesce a evitare la tragedia.
Catalano viene trasportato all’ospedale Villa Sofia mentre la moglie, che al momento del tentativo di suicidio è in casa con lui, afferma: “Mi stanno buttando fuori, senza neanche darmi la possibilità di andare in bagno”.
Il poliziotto e il carabiniere, infatti, erano sul posto per effettuare, con altri colleghi, un’esecuzione immobiliare. È questo l’epilogo di una vicenda cominciata quando per alcune cambiali andate in protesto, l’architetto sopporta un debito di quasi 40 milioni delle vecchie lire con il Banco di Sicilia. Dopo aver visto vendere diversi beni immobili della sua famiglia, il professionista risulta ancora debitore della banca di una cifra che, nel frattempo, è salita fino ad arrivare alla somma di 4.923.576,99 €. Al termine della causa intentata dall’uomo proprio al Banco di Sicilia, il tribunale ordina il pignoramento della sua abitazione.
Le dichiarazioni di Catalano
Sulla barella del Pronto Soccorso di Villa Sofia, Catalano, ricevendo la solidarietà dei sanitari, dichiara: “Tenterò di nuovo di darmi fuoco e lo farò davanti la dottoressa Angela Notaro (giudice della Sezione Esecuzioni Civili Immobiliari del Tribunale di Palermo, n.d.r.), che ha disposto l’esecuzione immobiliare della mia casa. Entro le 13 di oggi, io, mia moglie e i miei due figli dobbiamo lasciare il nostro appartamento, che non ha un nuovo proprietario perché non si è neanche svolta alcuna asta. Ancora”.
I vari passaggi
L’avvocato Sergio Mango, legale di Giuseppe Catalano, spiega quanto segue :“Il mio assistito era titolare di una ditta di costruzioni che aveva assunto l’appalto conferitogli dalla Cooperativa Edilizia Trinacria per la costruzione di 180 alloggi sociali. Per procurarsi la disponibilità finanziaria per l’esecuzione dei lavori appaltati, chiese e ottenne dal Banco di Sicilia l’apertura di un cosiddetto ‘castelletto di sconto’, dove fece affluire alcuni titoli cambiari che, nel corso dei lavori, gli vennero dati in pagamento da alcuni soci della Cooperativa L’operazione di sconto, per espressa richiesta del Banco di Sicilia, venne garantita anche dalle fidejussioni rilasciate, il 17 luglio 1982, dai genitori dell’architetto Catalano Con ricorso datato 1 marzo 1985 il Banco di Sicilia, portatore di 41 cambiali andate in protesto, ha chiesto al Tribunale di Palermo di ingiungere all’architetto il pagamento di 39.819.509 lire. Nel 1990 l’impresa edile ‘Catalano Giuseppe’ è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Palermo e il Banco di Sicilia si è insinuato nel fallimento quale creditore privilegiato. I crediti, però, sono lievitati in maniera anomala, per non dire usuraria. Il Banco di Sicilia, infatti, ha infine preteso la somma complessiva di 4.923.576,99 €”.
In ospedale giunge anche un esponente del Movimento dei Forconi, accorso nell’abitazione del professionista quando questi ha tentato il suicidio: “È una situazione insostenibile – ci dice Giuseppe Grosso – Prima o poi arriveremo ai disordini sociali. Il popolo è strozzato dalle banche e persino le forze dell’ordine se ne rendono conto. Voglio che si sappia, infatti, che sia i poliziotti che i carabinieri chiamati a effettuare l’esecuzione immobiliare hanno dimostrato la loro solidarietà a Giuseppe, pur spiegandoci di dovere eseguire gli ordini ricevuti”.