La gestione del fallimento Villa Pini dal 16 febbraio 2010 al 31 dicembre 2013 ha avuto un costo pari a 22milioni (21milioni 879.373,99). Sono stati spesi 2 milioni e 79 mila euro per i compensi versati alla curatela e per gli oneri di procedura.
Il rapporto riepilogativo del curatore
L’esercizio provvisorio della casa di cura, durato dal febbraio 2010 fino al settembre dello stesso anno, quando la clinica venne affidata in affitto all’imprenditore Nicola Petruzzi ha avuto un costo di 7.330.28,89. Le spese di gestione del fallimento Angelini, che era l'ex patron della clinica Villa Pini, sono state tutte inserite in un “rapporto riepilogativo” che il curatore, Giuseppina Ivone, (avvocato di Roma), del crac più consistente degli ultimi anni (228.958.844,58 di passivo), ha inviato al tribunale di Chieti. Il documento riporta tutte le voci relative ai costi del fallimento. La relazione è stata finalmente terminata in data 10 ottobre. Ad oggi, si può dire che sono passati quasi cinque anni dal fallimento, e nulla, secondo quanto emerge dalle carte, è arrivato a soddisfare i creditori.
Il malcontento generatosi tra i creditori più deboli
La gestione dell'intera vicenda ha creato un malcontento generale tra i creditori più deboli, gli ex dipendenti della Casa di cura per la mancanza di informazioni sulle modalità di utilizzo dei 22 milioni. A questo punto 200 lavoratori hanno incaricato un professionista Luca Cosentino, di Pescara, professionista in materia fallimentare, perché verifichi la gestione contabile e finanziaria del crollo, applicando il diritto di controllo, garantito dalla legge fallimentare, e considerato che si parla di cosiddetti creditori privilegiati che saranno, quindi, pagati tra i primi.
La presa visione dei documenti
Per tali motivi l'esperto ha chiesto al tribunale di Chieti, e quindi al giudice delegato al fallimento Nicola Valletta, di prendere visione dei documenti del fallimento e la nomina di un membro del Comitato dei creditori che rappresenti gli ex lavoratori, considerando che nel Comitato al momento fanno parte solo le banche Unicredit medio credito centrale spa e per essa Unicredit Credit Management bank spa e i fornitori Agri srl e Sorin Group Italia.
In precedenza c’era una sola rappresentante dei lavoratori nel Comitato, che poi ha dato le dimissioni. Il dottor Cosentino, delegato dai 200 lavoratori, aveva chiesto al giudice, ancor prima che la rappresentante dei lavoratori si dimettesse, la sua sostituzione oppure di integrare i componenti che rappresentavano i lavoratori. Ma fino ad oggi il tribunale né ha autorizzato l’accesso ai documenti e né ha nominato un rappresentante dei lavoratori, anzi, in sostituzione della lavoratrice che nel frattempo si era dimessa ha inserito la Agri srl, società di ristorazione, che è la medesima che si sta occupando da tempo della mensa della casa di cura, amministrata da Santa Camilla spa.
Il deposito della relazione riepilogativa che per i lavoratori non sarebbe neanche esaustiva
La richiesta proveniente dai 200 ex lavoratori che hanno ogni volta sottoscritto le istanze del professionista Cosentino, ha prodotto comunque il deposito del relazione riepilogativa sebbene sia stata consegnata in ritardo, ma secondo quanto sostengono i lavoratori-creditori non sarebbe esaustiva perché, stando a quanto affermato dagli ex lavoratori, “mancano gli estratti-conto bancari della gestione del fallimento”.
Se si va a leggere, dunque, il conto riepilogativo possiamo notare che la curatela ha chiesto un prestito alla Carichieti di un milione e mezzo, procedura che a detta del dottor Cosentino sarebbe sconosciuta alla gestione finanziaria dei fallimenti.
Nel frattempo sono stati ricavati 31 milioni dalla vendita della clinica, i quali sono stati versati alla curatela dalla Santa Camilla di Roma, nuova proprietaria della casa di cura, e indicati nella relazione sotto la voce entrate, non sono, invece, disponibili in quanto depositati nella stessa Carichieti, ma bloccati. Tale blocco potrebbe durare fino a quando non sarà definita la causa promossa dal policlinico Santa Maria De Criptis, dell’imprenditore Carmine Di Nicola. Questi, che è stato il primo ad aggiudicarsi la clinica, ha impugnato l’atto con il quale la curatela aveva dichiarato decaduta la società che non si era presentata all’atto delle firma da notaio. Ma i legali di spiegano che non si sarebbe potuto presentare alla stipula dell’atto di compravendita perché la curatela non gli avrebbe fornito l’inventario.