Le cause di divorzio aumentano vertiginosamente in Italia e i tempi d’attesa diventano sempre più lunghi, anche a fronte di una procedura articolata e dello scarso numero di risorse della giustizia. A Milano sembrano aver trovato una soluzione veloce e che soddisfa le parti e i giudici: l’unica pecca? La procedura è contraria alla legge. Basti pensare infatti che Cesare Rimini, avvocato specializzato in diritto di famiglia, ha orgogliosamente rivelato al Corriere della Sera che la nona sezione del tribunale, che a Milano si pronuncia sulle cause di divorzio, ha raggiunto un record di 263 cause consensuali in un solo giorno: un numero encomiabile ma a dir poco improbabile da raggiungere seguendo le disposizioni del Codice Civile in materia. Il trucco in effetti c’è e non è neanche nascosto velatamente. La legge infatti non lascia adito a dubbi o a possibilità di interpretazioni di tipo analogico: stando infatti alla lettera dell’art. 4 Comma XIII della L. 898/70 “La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio che indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici è proposta con ricorso al tribunale in camera di consiglio”. Non si parla quindi di un giudice unico ma di “tribunale in camera di consiglio” presupponendo quindi un minimo di tre magistrati. Il nuovo “rito milanese” trova invece un escamotage ormai applicato quotidianamente e alla luce del sole: in realtà nei fatti il giudice che presiede l’udienza è uno solo perché gli altri due si limitano ad apporre una firma finale che dovrebbe dimostrare la loro presenza e che quindi di fatto dichiara il falso. Innegabilmente va apprezzato lo scopo, che è quello di triplicare il numero delle sentenze mentre da valutare con più cautela è il sistema, che per ora però sembra funzionare con soddisfazione di tutti. La formula è in ogni caso ben pensata anche relativamente alla possibilità che uno dei due coniugi ad esempio, pentito, possa impugnare la sentenza proprio appellandosi all’assenza di due dei magistrati: tra le clausole infatti è inclusa l’espressa rinuncia da parte degli ex coniugi a ricorrere in appello per qualsiasi motivi, inclusi quindi vizi di forma o non piena corrispondenza tra quanto dichiarato nella sentenza e quanto avvenuto effettivamente in aula.