La ragione è l’aver perso una causa contro il Comune di Parma il quale ha aggiunto nuovi debiti a ciò che era già abbastanza precario.
La Storia della Nuova Speranza
La cooperativa La Nuova Speranza è sorta nel 1973. Un gruppo di lavoratori dopo la scomparsa dell’equo canone si organizzò per la creazione di abitazioni. L’idea piacque a molti e da quel momento la cooperativa ha creato per i propri soci 2.700 abitazioni fra case unifamiliari, o a schiera, appartamenti, lavori finanziati dal prestito sociale, fino a 60 mila euro per socio. Poi è giunta la crisi.
Il presidente della cooperativa Salvatore Arena ha spiegato che la situazione critica del mercato immobiliare e il dissesto dell’azienda, rendono necessario il ricorrere al giudici e ai concordati fallimentari. Ciò si può leggere all’interno delle carte depositate al Tribunale per far partire l’iter di concordato.
“La Cooperativa ha esercitato la propria attività tipica nell’ambito del mercato immobiliare sino alla prima metà del decennio degli anni 2000 con risultati assolutamente positivi in ragione della costante crescita del mercato nel quale operava. Ciò è stato possibile anche grazie al sostegno finanziario dei propri soci e del sistema creditizio. Dapprima la contrazione e successivamente la crisi che hanno colpito e falcidiato il settore immobiliare e bancario hanno, tuttavia, progressivamente eroso i risultati della Cooperativa, che dalla seconda metà degli anni 2000 mostra costanti perdite di esercizio. Le perdite economiche sono state, tuttavia, assorbite dal Patrimonio Netto che la Cooperativa ha accumulato e cautamente destinato a riserva negli anni”, queste le tristi parole, relative ad un patrimonio ora ridotto da 1.471.190 euro ad appena 16.200 euro. “Emerge chiaramente una situazione di squilibrio dovuta in massima parte al trend negativo che caratterizza il settore immobiliare nel medio periodo intaccando, così, le disponibilità anche finanziarie della Cooperativa”.
Le perdite subite dalla Nuova Speranza
Al di là del problema relativo alle tasse, nel 2011 La Nuova Speranza ha perso 418mila euro, nel 2012 circa 1,3 milioni e lo scorso anno ha perduto altri 300mila euro circa, se non fosse stata venduta la sede sociale la perdita sarebbe stata maggiore. Perdite nonostante la crescita degli investimenti, con valore della produzione salita lo scorso anno a 3,5 milioni, contro i 2,3 del 2012.
La Nuova Speranza aveva già preparato un piano di risanamento e ristrutturazione del debito per risanare la situazione senza concordato, seguendo l’articolo 67, comma 4 lettera d della Legge Fallimentare: un piano asseverato da un professionista che ne garantisce la serietà. Ma poi è successo l’imprevedibile. Una causa civile iniziata nel lontano 1989 con il Tribunale di Parma e poi in Appello a Bologna ha condotto ad una sentenza. La Nuova Speranza è stata condannata al pagamento delle spese di esproprio per un terreno in città sul quale sono state edificate case in edilizia agevolata. La causa è stata intentata dal Comune di Parma, dopo aver perso a sua volta una causa contro gli ex proprietari dell’area espropriata. La Nuova Speranza ha raggiunto, così, un debito non prevedibile di circa 480mila euro. La coop non era riuscita a risparmiare i soldi per coprire i rischi, credendo di non poter essere obbligata a pagare così tanto. Dopo esseri rivolti ad alcuni esperti in materia legale, c’è stata una rinuncia al ricorso in Cassazione: è necessario pagare, ma il denaro manca.
Il prestito sociale è stato coperto con quote della società Immobiliare Nord Est spa, attraverso la cessione dell’azienda di un terreno edificabile a San Pancrazio per un valore di 2.466.000 euro. E’ stata poi ceduta la partecipazione nella società Sistema S.C. (55mila euro) e della sede legale della cooperativa, in via Ciro Menotti, per 800mila euro. Sono stati venduti altri immobili ma la Nuova Speranza deve alle banche 7,9 milioni di euro, dei quali 4,3 con scadenza a breve termine.
I beni della Nuova Speranza sono anche tanti: si investe nell’edilizia per circa 9,4 milioni di euro. Attraverso il concordato, la cooperativa guadagnerebbe il tempo necessario per cercare di vendere i beni immobili, per i quali esistono alcuni contatti. Il piano concordatario è ancora in fase di predisposizione, sebbene le sue linee siano già definite. Sarà dismesso il patrimonio immobiliare e si tratterà di un concordato in continuità “provvisoria e funzionale al mantenimento di finanziamenti pubblici già aggiudicati e ancora non percepiti”.