Uno dei più importanti musei degli Stati Uniti, ha acquisito una collezione di 66.000 pezzi, tra i quali alcuni quadri di Rembrandt, Renoir, Matisse, Van Gogh e Picasso, per un valore complessivo stimato tra i 2,5 e i 15 miliardi di dollari. Questo è quanto ha in possesso il DIA (Detroit Institute of Art). Questo pacchetto artistico potrebbe essere venduto all’asta per rimpinguare le casse locali, sottoposte ad un grave debito pubblico.
La città non naviga in buone acque da tempo ed è arrivata al punto di doversi distaccare da alcuni simboli culturali, che potrebbero finire nelle mani dei privati. Si tratta di una scelta abbastanza grave ma che potrebbe rivelarsi necessaria.
All’operazione si è opposta una parte del mondo dell’arte, che viene rappresentata dall’American alliance of museum e da Thomas P. Campbell, diretto del MET di New York, il quale ha condannato l’intera iniziativa andando ad esprimere il desiderio di molte altre personalità, cioè unirsi per denunciare la monetizzazione del patrimonio artistico e respingere una pericolosa parentesi dai risvolti preoccupanti.
L’arte non può considerarsi come fungibile, liquida e periodica, ma come un vero e proprio patrimonio da salvaguardare.
Il parere dell’avvocato specializzato in fallimenti, Richard Levin di Cravath, Swaine & Moore ingaggiato da Ann Marie Erickson, vice presidente esecutivo del Detroit Institute of Arts, è stato contrario. Bisogna difendere con tutte le proprie forze una collezione che appartiene come simbolo al pubblico e che è frutto di donazioni di privati. Non si può mercificare sino a tal punto l’arte. Questi i motivi di discussione.