A tutti gli imprenditori piace l’idea di innovare e inventare, ma a nessuno (o quasi) piace confrontarsi con la necessità di dover andare incontro a una serie di prevedibili fallimenti, necessari per arrivare alla metà. A render nota tale opinione, negli ultimi giorni, è stato il top manager di Amazon, Jeff Bezos, sbarcato recentemente in Italia per presentare i suoi investimenti (tra cui, un centro di distribuzione vicino a Roma, un centro di ricerca a Torino e un polo di distribuzione ad Avigliana) e, con l’occasione, la sua idea di fallimento e di innovazione: due compagni inseparabili che, a quanto pare, non si escludono a vicenda.
Il fallimento secondo Bezos
Durante un’intervista concessa al quotidiano La Stampa, Bezos ha ricordato che Amazon è “il miglior posto del mondo dove fallire”, ed ha invitato gli imprenditori a non avere paura di osare. “Fallimento e invenzione sono gemelli inseparabili. La maggior parte delle grandi aziende sposa l’idea dell’invenzione, ma non vuole confrontarsi con la serie di fallimenti necessaria per arrivarci” – ha esordito il manager della compagnia statunitense, leader mondiale nel proprio settore. “
Sono fiero quando per Amazon scelgo la via più coraggiosa, magari più difficile e meno remunerativa, ma più innovativa” – ha poi proseguito – “All’inizio eravamo solo esperti di vendite online, così quando abbiamo puntato sull’ware e sui servizi, con il Kindle e il suo store siamo partiti da zero. Come bambini, abbiamo camminato e inciampato, ci siamo scottati, ma abbiamo seguito la nostra intuizione. È stata un’esperienza che ci ha fatto crescere”.
I principi di Amazon
Da qui al formulare dei principi – forse – applicabili a qualunque impresa, il passo è breve. Bezos ha infatti confermato che all’interno di Amazon vigono tre principi inossidabili. Il primo è l’ossessione per il cliente, e non per i concorrenti. Il secondo è la continua ricerca dell’innovazione, anche a costo di fallire e (ri)fallire. Il terzo è la pazienza, il pensare sul lungo termine, aspettare i risultati senza fretta.
Tornando poi a parlare di fallimenti, Bezos ha ricordato quelli personali, invero numerosissimi. “Ce ne sono stati moltissimi. Non basterebbe il tempo di quest’intervista per elencarli” – confessa il manager – “Un esempio. Uno dei più grandi si chiamava “Le aste di Amazon”, quindici anni fa. Pensavo fosse un sistema ottimo, solo mia madre diceva di averlo usato, ma forse nemmeno lei. Abbiamo riprovato due anni dopo, ancora niente da fare. Alla fine è uscito “Amazon Marketplace”, che dopo altri diciotto mesi diventò il quattro per cento di tutte le nostre vendite. A quel punto abbiamo capito che finalmente avevamo trovato un vincitore. Testardi nella visione e flessibili nei dettagli”.
Dunque, non temere i fallimenti e aprirsi alle sfide dell’innovazione potrebbe essere la strada giusta per conquistare il mercato del futuro. Anche a costo di scivolare, cadere e, quindi, faticare per rialzarsi. Una ricetta probabilmente universale, da applicarsi in maniera specifica per i singoli contesti di riferimento ma, sicuramente, ben accettabile per un grande successo di medio termine.