Al contrario di quanto accade in caso di fallimento durante la procedura di concordato preventivo, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale.
Ciò, però, non significa che il debitore conservi completamente la sua autonomia durante il concordato; l'art. 167 l.f. prevede, infatti, una serie di atti per i quali è necessaria l'autorizzazione scritta del giudice delegato; possiamo distinguere, quindi, tra atti che il debitore può compiere senza autorizzazione, e atti dove, invece l'autorizzazione è necessaria.
Si tratta, quindi, di una divisione tra atti di ordinaria amministrazione e atti di straordinaria amministrazione e altri atti, che seppure non abbiano sempre tale qualità, possono potenzialmente violare la par condicio tra i creditori.
Gli atti per i quali è necessaria l'autorizzazione scritta del giudice delegato.
i mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni
gli altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione. La mancata autorizzazione rende gli atti compiuti inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.