La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1376/2016, ha autorizzato il sequestro dei beni personali di un manager che era stato precedentemente accusato di evasione fiscale, e la cui società risultava essere debitrice con il Fisco, nonchè sottoposta a procedura fallimentare.
Il caso
Il caso all'esame della terza sezione della Suprema Corte riguardava il presidente del consiglio di amministrazione di una società, il quale contestava la sanzionabilità dell'ipotesi di reato cui era stato formalmente accusato (evasione fiscale), sulla base di quanto previsto dalla Carta Europea dei Diritti dell'Uomo, che introduce il concetto in base al quale non si possa essere condannati due volte per lo stesso reato, e ciò anche quando le sanzioni siano state tecnicamente differenti (penali e amministrative), sull'ulteriore base che la giurisprudenza europea non produce alcuna differenza in tal proposito. In altre parole, anche se "formalmente", le sanzioni amministrative non hanno carattere di pena, la loro afflittività le fa comunque qualificare come tali.
Le decisioni in Cassazione
Ebbene, i giudici della Cassazione hanno in proposito affermato che il sequestro dei beni personali del manager sarebbe comunque da ritenersi pienamente legittimo, nonostante le Entrate avessero già emesso una cartella esattoriale. Per i giudici, infatti, l'avvio della procedura amministrativa non configurerebbe violazione del principio della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sopra anticipato.
"Il ricorrente" - precisa in tal proposito la Corte - "allega solo che per l'’illecito amministrativo sarebbe stata emessa cartella esattoriale, notificata in data 9.7.2014 dell’'importo di euro 809.222,33, senza argomentare specificamente in merito alla mancata opposizione a tale cartella esattoriale. Pertanto, non emergendo la definitività del procedimento amministrativo, risulta ultronea ogni ulteriore valutazione in merito alla eventuale natura sostanzialmente penale della sanzione amministrativa ed alla fondatezza della dedotta violazione di legge. L’'ordinanza impugnata, pertanto, correttamente ha ritenuto non decisiva la questione della cd doppia incriminazione".
Per quanto attiene invece il sequestro dei beni, la Corte di Cassazione ha precisato che "la confisca diretta del profitto di reato è possibile anche nei confronti di una persona giuridica per le violazioni fiscali commesse dal legale rappresentante o da altro organo della persona giuridica nell’'interesse della società, quando il profitto o i beni direttamente riconducibili a tale profitto siano rimasti nella disponibilità della persona giuridica medesima. Si deve, invece, escludere la possibilità di procedere a confisca per equivalente di beni della persona giuridica per reati tributari commessi dal legale rappresentante, salva l’'ipotesi in cui la persona giuridica stessa sia in concreto priva di autonomia e rappresenti solo uno schermo attraverso cui l’'amministratore agisce come effettivo titolare".
In conclusione, per la Corte di Cassazione il procedimento amministrativo non può essere equiparato a una sanzione penale e, pertanto, non vi sarebbero margini per poter interpretare in questo ambito la doppia incriminazione. Per quanto invece riguarda il sequestro dei beni, i giudici hanno prevedibilmente ricordato che la confisca del profitto del reale è ben possibile anche nei confronti di persona giuridica o altro organo della persona giuridica, se il profitto o i beni derivanti dal profitto sono rimasti nella sua disponibilità.