Fallimento

Fallimento datore di lavoro e tutele per dipendenti


Il fallimento di un’azienda ha ripercussioni non soltanto sulla vita dell’imprenditore e sul destino dell’attività produttiva ma si ripercuote anche sui dipendenti.

E’ pur vero che il fallimento non determina – sempre e comunque – la chiusura dell’attività che può infatti continuare attraverso la vendita o l’affitto dell’intera azienda o di rami della stessa.

Purtroppo, però la prassi e l’esperienza di tutti i giorni ci dimostrano il contrario: sono sempre di più le imprese che, dopo la dichiarazione di fallimento, non riescono a riemergere, ad andare avanti, a superare le enormi difficoltà derivate da una crisi economica che non accenna a terminare.

Ed è proprio a causa della crisi economica e delle tasse che, spesso, “schiacciano” la piccola e media impresa che molti imprenditori si sono visti costretti a chiudere l’attività imprenditoriale, a dichiarare il fallimento e a “mandare a casa” i loro dipendenti.

E sono proprio i lavoratori l’altra “faccia della medaglia”, coloro che – dopo l’imprenditore fallito – sono i più colpiti dal ricorso sempre più frequente alla procedura fallimentare.

Dopo il fallimento di un’impresa, cosa accade ai dipendenti dell’azienda? Ebbene, la prima conseguenza del fallimento dell’azienda è la perdita del posto di lavoro. E’ importante sottolineare che i dipendenti possono ottenere una serie di tutele e di garanzie dei loro diritti. Nei paragrafi che seguono esamineremo tutti gli strumenti ai quali i dipendenti di un’impresa fallita possono fare ricorso per tutelare i loro diritti

Fallimento dell’azienda: la richiesta di intervento al Fondo di Garanzia presso l’INPS

La richiesta di intervento al Fondo di Garanzia istituto presso l’INPS è il primo tipico strumento di tutela invocato dai dipendenti dell’impresa dichiarata fallita.

E’ bene precisare che la richiesta può essere presentata per ottenere sia il pagamento del trattamento di fine rapporto che il datore di lavoro abbia omesso di corrispondere sia per ottenere la corresponsione delle retribuzioni spettanti per gli ultimi tre mesi di rapporto di lavoro. In questo secondo caso, la richiesta di intervento può essere presentata soltanto per quelle retribuzioni che rientrino nei dodici mesi anteriori alla data della domanda di fallimento.

Stringenti sono, inoltre, i requisiti per poter effettuare la richiesta di intervento al Fondo di Garanzia istituito presso l’INPS. In particolare, il rapporto di lavoro subordinato dovrà essere cessato e, nello stesso tempo, dovrà essere stata aperta la procedura concorsuale.

Solo il lavoratore o i suoi eredi – debitamente assistiti da un legale – possono presentare l’istanza di intervento al Fondo di Garanzia. La domanda deve essere inoltrata alla sede dell’INPS nella cui competenza territoriale abbia la propria residenza l’assicurato.

Qualora il lavoratore (o i suoi eredi) presentino la richiesta ad una sede INPS diversa, la domanda dovrà essere trasferita d’ufficio alla sede INPS territorialmente competente.

La domanda – presentata su modello TFR/CL – SR50 oppure in carta semplice – dovrà essere controfirmata dal Curatore Fallimentare.

Fallimento dell’azienda, tutele per il lavoratore: la richiesta di insinuazione al passivo

Abbiamo appena visto che non tutti i crediti di lavoro sono coperti dal Fondo di Garanzia INPS. Per tutte le altre tipologie di crediti derivanti dal rapporto di lavoro subordinato, il dipendente po’ presentare apposita domanda al Tribunale Fallimentare di insinuazione al passivo.

Di norma, è proprio il Curatore nominato dal Tribunale che – dopo l’apertura della procedura – si occupa di inviare a tutti i creditori (ex dipendenti compresi) una lettera di invito a presentare l’istanza di insinuazione al passivo fallimentare.

Presentando la domanda, il dipendente chiede di essere inserito nelle liste dei creditori che otterranno la ripartizione dei ricavi derivanti dalla procedura fallimentare.

Il dipendente che voglia presentare la domanda di insinuazione al passivo, potrà farlo anche personalmente, senza l’assistenza di un avvocato. E’ bene precisare che, insieme all’istanza, dovrà essere fornita la prova del proprio credito mediante, ad esempio, allegazione del CUD, delle buste paga oppure della lettera di assunzione.

Dopo l’udienza per l’ammissione al passivo, il lavoratore (se ammesso al passivo fallimentare) potrà essere pagato con gli eventuali ricavi derivanti dalla vendita dei beni dell’impresa dichiarata fallita. E’ bene precisare che i lavoratori potranno essere pagati in via privilegiata rispetto agli altri creditori che abbiano presentato la domanda di insinuazione al passivo fallimentare. Gli ex dipendenti dell’impresa fallita godono, infatti, di un vero e proprio “privilegio” che consente loro di avere la precedenza assoluta rispetto ad ogni altro eventuale credito privilegiato.


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