Notizie Fallimenti

Fallimento Berti & C.


Le indagini della Guardia di Finanza sulla Pisana Berti & c. avevano rilevato un investimento di 48 milioni di euro

La direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e la Guardia di Finanza di Pisa nel 2006 avevano rilevato una serie di operazioni tra cui 28 contributi pubblici da porre in essere in Calabria, pari a 48 milioni di euro.
La lunga serie di indagini, dalla truffa, all'associazione a delinquere sono state sottoposte ad archivazione. Tuttavia questa lunga idagine, denominata Wood Line, ha portato la Berti & C. Spa ad un grave tracollo finanziario, ormai irrefrenabile, tanto che la società nel 2008 fallì.
Adesso c'è stato un vero e proprio rinvio per diversi reati fallimentari che hanno coinvolto artigiani, imprenditori e commercialisti. Tra tutti spicca il reato di bancarotta fraudolenta, quello più grave dei delitti posti in essere.

Il processo è stato rinviato al prossimo aprile: lunga è la lista degli imputati che gira attorno alla ditta della famiglia Berti.

Il pm Flavia Alemi dopo aver precisato alcune note davanti al Gup e successivamente alla prima udienza, che ricordiamo fu rinviata per un difetto della notificazione, ha comunicato che il processo è stato rinviato ad aprile. La famiglia Berti si occupa da generazioni dei semilavorati in legno e di mobili a San Giovanni alla Vena.

La lista degli imputati è molto lunga

La lista degli imputati è molto lunga, si tratta di revisori contabili della società fallita, ma anche di commissari giudiziali, nonché imprenditori, artigiani e commercianti.
L'elenco, come riportano alcune acclarate fonti a cui rinviamo è il seguente: Laura Tani, 47 anni, commercialista di San Giovanni alla Vena; Alberto Daini, 51 anni, commercialista di Pisa; David Berti, 43 anni, imprenditore, di Vicopisano; Roberto Barsotti, 53 anni, artigiano di Pisa; Maurizio Scarselli, 50 anni, imprenditore dell’arredamento, di Cascina; Elena Bandecchi, 51 anni, di Pontedera; Alberto Greco, 50 anni, di Catanzaro; Alessandro Nacci, 56 anni, commercialista con studio di Ponte a Egola, già commissario giudiziale della “Berti & C Spa” e per questo coinvolto nel processo, noto professionista, ex revisore dei conti della Cassa di Risparmio di San Miniato e di diversi Comuni; Beatrice Berti, 49 anni; Guglielmo Berti, 78 anni, il patron dell’omonima azienda di famiglia; Francesco Anselmo Cavarretta, 50 anni, imprenditore di Isola di Capo Rizzuto (Crotone); Enrico Berti, 52 anni, di Vicopisano; Roberta Cecchi, 75 anni, moglie di Guglielmo Berti; Olinto Pucci, 81 anni, imprenditore dell’arredamento di Ponsacco; Igino Muraro, 70 anni, della provincia di Vicenza; Ornella Bruscoli, 70 anni, titolare di un’azienda agricola in provincia di Pesaro; Francesco Rovere, 38 anni, Reggio Calabria; Domenico Cannizzaro, 57 anni, commercialista di Palmi (Reggio Calabria); Cristiano Cavallini, 49 anni, commercialista di Vicopisano.
L'inchiesta è sorta dopo un rimborso dell’Iva presentato all’Agenzia delle entrate nel 2006 dal “Consorzio Mediterraneo del legno” che ha la sua sede legale a Lugnano e di cui era la prima in lista la “Berti & C Spa”. Questo tipo di operazione, però, accende una lampadina all'Agenzia delle entrate, che fiutano aria di imbrogli. Il consorzio nel 2002 aveva presentato richiesta al ministero delle attività produttive di fondi pubblici per creare un polo industriale che si occupasse della lavorazione e del trasformare il legno, andando a rinforzare il settore dell'edilizia e dell'arredamento.

La vicenda del Consorzio legno e la successiva bancarotta

Nel 2002 c'era l'intenzione di realizzare il suddetto polo industriale, per questo il consorzio chiede al ministero delle attività produttive un finanziamento con fondi pubblici. L'investimento accordato tooca i 48 milioni di euro, con la possibilità di poter assumere 236 persone. Allora Finanza e Dda di Catanzaro avevano indagato circa 21 persone, seuestrando ogote della società, nonché ai conti correnti, fino a raggiungere i 6,5 milioni di euro. Si sospettava che dietro questa grande operazione vi fosse una longa manus della 'ndrangheta con gli imprenditori che collaboravano per arrecare una truffa ai danni dello Stato.
Il Consorzio era gestito, dunque, da Guglielmo Berti ma era – secondo la Procura – Cavarretta a controllarlo, un boss della zona, il cui guadagno sarebbe stato pari a 28 milioni percepiti dal ministero delle attività produttive in tre anni. I soldi sarebbero stati nascosti investendoli nelle tre società consortili la Berti & C., la Toscana Tradizioni Spa e la Talamo Srl.
Le contestazioni esaminate e l'accusa di falsa fatturazione sono state sottoposte ad archiviazione, ma ciò non ha salvato la Berti & C. dal fallimento. Infatti, la crisi nel 2008 ha portato alla chiusura con decreto della procedura fallimentare. Una bancarotta con un buco di 48 milioni di euro.


News correlate







Paesi a rischio default: quali sono
Notizie > Notizie Fallimenti