L’imprenditore condannato per bancarotta fraudolenta, aveva distratto, due anni prima, 450mila euro dal capitale aziendale a danno dei creditori. L’unica che ha ripianato gli scoperti è stata la Bcc di Pompiano e Franciacorta.
Tutto ciò ha insospettito il curatore fallimentare, tanto che è stato chiesto ben due volte alla procura di procedere nei confronti dell’istituto di credito per concorso in bancarotta fraudolenta.
L’imprenditore Massimo Bono, sostiene che gli sia stato detto di fare così, e adesso quest’ultimo non possiede più niente. Il 50enne di Rovato è stato sentito come testimone nella prima udienza di fronte al tribunale monocratico a carico dei due funzionari bancari che hanno gestito l’operazione: Pietro Gozzini e Paolo Schirone.
Per il pm Alberto Rossi, ci sarebbe il profilo della responsabilità penale della banca, la quale pare abbia sistemato i suoi conti con procedure illecite, a scapito di altri creditori dell’imprenditore fallito.
Il curatore Alberto Facella - parte civile, difeso dall’avvocato Stefania Amato, nella sua relazione ha spiegato che nel dicembre 2007 la Immobiliare R.B. ha venduto due immobili, recuperando 850mila euro: 102mila furono impiegate per pagare sette rate scadute di un mutuo, oltre 322mila per la sua parziale estinzione. Invece, 379mila, furono accreditati sul conto personale di Massimo Bono, più 70mila euro provenienti dalla carrozzeria di famiglia.
I soldi, in realtà, servirono per fare un finanziamento soci di 450mila euro alla Formulauto srl, terza azienda della famiglia, che in tal modo estinse le posizioni di sofferenza con la Bbc.
L’operazione è stata posta con firme su moduli bianchi compilati dalla banca. Prelevando i 379mila euro dal conto della sua azienda, che on avrebbero dovuto essere toccati, ha distratto il capitale senza trarne alcun vantaggio.
La parte civile ha rilevato che la banca è riuscita a recuperare in questo modo il proprio credito, nei confronti della società fallita, così come dell’autosalone, destinato a fallire poco dopo. Ha potuto così accedere ad un programma di ristrutturazione del debito in spregio della parità di trattamento dei creditori, a vantaggio e causando un indebito privilegio.
Il trasferimento di soldi dal conto aziendale in perdita a quello proprio è un reato. La banca, intanto, per l’accusa e la parte civile, non poteva conoscere lo stato d’insolvenza dell’imprenditore, né tantomeno la qualifica di amministratore unico.
I dirigenti della Bcc parlano di debiti già esistenti rispetto alle vendite immobiliari, tuttavia queste avrebbero causato il fallimento. La prossima udienza si terrà ad Aprile.