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Crisi impresa, più 60% Pmi chiede prestiti per pagare tasse


Secondo quanto emerge uno studio condotto da Unimpresa, più del 60% delle pmi italiane (circa 5 imprenditori su otto) chiede alla propria banca un finanziamento per poter pagare le tasse. Complici anche le scadenze di fine anno – periodo nel quale si concentra una pressione maggiore – sono infatti sempre di più le imprese che scelgono di onorare i propri impegni con l’Erario ricorrendo a finanziamenti nel canale bancario. Ad essere in testa nella classifica delle voci più “finanziate” sono Irap, Ires, Irpef e Imu, ma non mancano altre voci “insospettabili” che hanno nel tempo spinto gli imprenditori a rivolgersi agli istituti di credito per non saltare le scadenze del ricchissimo calendario fiscale italiano.

I settori produttivi maggiormente in difficoltà

Per quanto concerne i settori produttivi maggiormente in difficoltà, secondo le rilevazioni che sono state effettuate dal Centro studi di Unimpresa (su un campione che conta più di 110.000 imprese associate, al 30 ottobre 2016), sono gli operatori turistici (per gli alberghi), le piccole industrie (per i capannoni) e la grande distribuzione (per i supermercati) le imprese maggiormente esposte nei confronti del sistema bancario per quanto concerne i finanziamenti richiesti per poter far fronte ai versamenti fiscali sugli immobili e, più in generale, per tutti gli adempimenti con l'Erario.

Un fine anno da “dimenticare”

Come affermavano in apertura del nostro approfondimento, la “colpa” è anche quella legata alla concentrazione di un importante elenco di scadenze negli ultimi due mesi dell’esercizio (o, se preferite, di una mancata pianificazione da parte degli imprenditori meno attenti): in questo frangente, l’imposta più impegnativa da onorare è l’acconto Ires, pagato dalle società di capitali, mentre per i lavoratori autonomi e per la generalità delle imprese anche l’Iva gioca la sua sgradita parte. I collaboratori e i lavoratori dipendenti, mediante i rispettivi datori di lavoro che agiscono come sostituti di imposta, sono invece tenuti a versare le ritenute. Non ci si dimentichi, infine, dell’acconto Irap in capo alle aziende, e delle ritenute Irpef in capo ai lavoratori autonomi e l’addizionale regionale Irpef. Come se non bastasse, dicembre è anche periodo di pagamenti di Tasi e Imu, e del versamento dell’acconto Iva. Insomma, un percorso ad ostacoli dal quale è difficile uscire indenni.

L’effetto negativo sulle aziende

Secondo le valutazioni effettuate dal Centro studi di Unimpresa “tutto ciò genera un triplo effetto negativo sui conti e sulle prospettive di crescita delle aziende. Il primo è l'apertura di linee di credito destinate a coprire le imposizioni fiscali invece di nuovi investimenti, il che limita la natura stessa dell'attività di impresa. Il secondo problema sorge, poi, alla chiusura degli esercizi commerciali, quando il valore degli immobili posti a garanzia dei "prestiti fiscali" va decurtato in proporzione al valore dell'ipoteca, con una consequenziale riduzione degli attivi di bilancio. Il terzo "guaio" è relativo a eventuali, altri finanziamenti per i quali l'impresa deve affrontare due ordini di problemi: meno garanzie da presentare in banca e un rating più alto che fa inevitabilmente impennare i tassi di interesse”.


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