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Crisi di impresa, la buona risposta degli Eet


In ambito di acronimi, i Neet (cioè, gli under 29 che non studiano e non lavorano) sono divenuti tristemente famosi e in grado di contraddistinguere, con i loro numeri monstre, uno degli aspetti più drammatici della lunga crisi economica-occupazionale: nel nostro Paese sono infatti ben 2,34 milioni, in incremento del 31,4 per cento dal 2007, con un costo – in termini di mancata produttività – che è stimato in 21 miliardi di euro, ovvero nell’1,3 per cento del Prodotto Interno Lordo. Fortunatamente, sempre in ambito di acronimi, negli ultimi giorni è comparsa una statistica piuttosto interessante che premia l’impegno e lo sforzo continuo dei c.d. “Eet”, ovvero dei giovani che sono riusciti a sfruttare le competenze acquisite e che hanno avviato un’attività di impresa.

Quanti sono gli Eet

Stando a quanto riferisce una recente indagine del Censis, oggi i giovani che risultano essere titolari d’impresa giovani sono pari a 175mila unità, di cui il 24,7 per cento concentrato nel Nord-Ovest, il 15,7 per cento nel Nord-Est, il 18,5 per cento nelle regioni centrali, e il 41,1 per cento nel Mezzogiorno. In merito, si noti come negli anni della lunga crisi (tra il 2009 e il 2016), a fronte di una riduzione complessiva del 6,8 per cento dei titolari d’impresa in Italia, il numero dei giovani imprenditori ha subito una compressione del 19,1 per cento, perdendo poco più di 41mila giovani aziende. Tuttavia, il trend non è stato il medesimo per tutti i settori: si pensi, ad esempio, come nei servizi di informazione e negli altri servizi informatici il numero dei giovani imprenditori sia cresciuto del 53,4 per cento, e come nei servizi per edifici e paesaggio sia aumentato del 51,5 per cento, o ancora del 25,3% nei servizi di ristorazione. Particolarmente positivo è anche lo sviluppo nei settori di attività legati alla gestione di alloggi per vacanze e altre strutture per soggiorni brevi, con un aumento del 55,6 per cento, mentre sono più che raddoppiati (+113,3 per cento) i giovani imprenditori che operano nelle attività di supporto per le funzioni d’ufficio e nei servizi alle imprese. Dunque, considerando solamente i settori in cui è stato possibile riscontrare una dinamica positiva, tra il 2009 e il 2016 i titolari giovani d’impresa sono cresciuti del 32 per cento, passando da 27.335 a 36.079 unità.

Giovani che lavorano: gli ultimi dati

Sempre secondo gli ultimi dati statistici recentemente elaborati, emerge come il 43,5 per cento di chi si è diplomato nel 2011 oggi ha un lavoro, e che tra coloro che lavorano il 25,3 per cento lo fa con un contratto a tempo indeterminato e il 33,8 per cento con un contratto a termine.

Tra gli altri dati statistici di maggiore interesse, si noti come l’11,5 per cento abbia scelto la strada del lavoro autonomo, mentre l’8,7 per cento abbia dichiarato di lavorare senza contratto. Sul profilo remunerativo, i dipendenti a tempo indeterminato hanno un livello più elevato, con un importo pari a 1.100 euro, contro gli 811 euro dei lavoratori autonomi. Sul fronte dei laureati, nel 2015, a quattro anni dalla laurea, il 72,8 per cento di chi ha conseguito il titolo di studio di I livello ha dichiarato di lavorare, contro il 19,7 per cento che è in cerca di lavoro. Dati ancora migliori per i laureati magistrali.


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