La reazione è avvenuta optando per la strada della coesione e della riunificazione degli intenti.
Il comitato dei creditori Deiulemar Compagnia di navigazione, i suoi componenti, tra cui l'avvocato Antonio Cardella, assieme ai curatori fallimentari delle tre procedure in corso (Deiulemar Compagnia di navigazione, Deiulemar Shipping, e società di fatto dei singoli armatori) hanno ricercato una strategia per poter operare che creano un pizzico di speranza. Il dubbio è quanto è possibile recuperare.
Si sta cercando di determinare lo stato passivo. Sono state accolte circa 9mila domande di insinuazione solo per gli obbligazionisti. Da Aprile si potrà arrivare ad una somma precisa.
Ci sono poi quei beni conferiti nella "società di fatto": ovvero beni fuoriusciti dal controllo della società principale e confluiti in un reticolo di società su cui le indagini della magistratura e della Guardia di Finanza sono in pieno svolgimento.
La dichiarazione del fallimento anche delle società di fatto va a rappresentare una vittoria della procedura principale. I curatori di Deiulemar Compagnia di navigazione si andranno a costituire parte civile nel processo penale e cercheranno di arrivare all'obiettivo della confisca di quei beni per ricondurli all'attivo del fallimento principale.
Cardella è meno ottimista relativamente ad uno dei principali asset della compagnia: le navi. La vendita di queste avverrà a prezzi irrisori ed andrà a vedere come titoli privilegiati le banche che si sono occupate degli acquisti nel corso degli anni.
C’è stato poi un lavoro di depistaggio che ha condotto la flotta a essere intestata a trust e a fiduciarie dislocate in paesi off shore. C’è poi la causa civile intentata come azione collettiva alla Consob e alla società di revisione Kpmg.
Non è ancora chiaro come sia stato possibile consentire ad una società, per più di 40 anni, di raccogliere capitali sul territorio negli uffici posti al centro della città e sempre più affollati dagli istituti di credito presenti in zona, senza che vi fossero controlli opportuni da parte degli organismi appositi.
Gli investitori che sperano in risarcimenti sostanziosi, sono 1500. Si ritiene che quella della Consob, sia un'omessa, tardiva e lacunosa vigilanza su un gruppo attivissimo nella raccolta abusiva.
La raccolta è stata quantificata per 760 milioni come parte di emissioni obbligazionarie "nascoste" che circolavano in violazione della normativa Consob e fuori bilancio. C’erano poi 40 milioni che erano di carta regolarmente emessa con un prospetto approvato in Consob.