Il concordato fallimentare è una tipica forma di chiusura della procedura fallimentare. La conclusione del fallimento avviene attraverso un accordo stipulato tra il fallito ed i creditori: nell’accordo, in particolare, vengono specificate alcune condizioni che dovranno essere imprescindibilmente rispettate. La proposta concordataria, in particolare, può avere contenuto variabile ed eterogeneo. Lo stabilisce il secondo comma dell’articolo 124 della Legge Fallimentare che provvede ad indicare il contenuto della proposta. Essa, in particolare, può avere ad oggetto “a) la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei; b) trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse, indicando le ragioni dei trattamenti differenziati dei medesimi; c) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l'attribuzione ai creditori, nonchè a società da questi partecipate, di azioni, quote ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito.”
L’ultimo comma dell’articolo 124 della Legge Fallimentare stabilisce che: “la proposta presentata da uno o più creditori o da un terzo può prevedere la cessione, oltre che dei beni compresi nell'attivo fallimentare, anche delle azioni di pertinenza della massa, purché autorizzate dal giudice delegato”. La proposta che conduce al concordato fallimentare può essere anche stipulato tra un terzo (assuntore) ed i creditori. In tal caso, ci chiediamo a chi spetti la legittimazione ad agire per ottenere l’adempimento delle obbligazioni assunte dal terzo assuntore in sede di concordato fallimentare.
Nei paragrafi che seguono, risponderemo prima al quesito e, successivamente, esamineremo l’istituto giuridico del concordato fallimentare.
Concordato fallimentare: la legittimazione ad agire per l’adempimento delle obbligazioni
Una questione spinosa e molto dibattuta quella della legittimazione ad agire per ottenere l’adempimento delle obbligazioni che siano state assunte dal terzo in sede concordataria.
Ebbene, la risposta non può che essere univocamente diretta a riferire tale legittimazione soltanto ai creditori ammessi al passivo fallimentare. Il curatore fallimentare, in tale precisa fattispecie, perde ogni potere di iniziativa.
Questo principio così importante può essere ricavato, in primo luogo, dall’articolo 136 della Legge Fallimentare che stabilisce che: “dopo l'omologazione del concordato il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori ne sorvegliano l'adempimento, secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione”.
La citata norma, a ben vedere, attribuisce al curatore fallimentare soltanto il compito di sorvegliare l’adempimento della proposta di concordato, non altro. Ciò anche perché, dopo l’omologa del concordato fallimentare e dopo l’approvazione del rendiconto finale, il Tribunale dichiara chiuso il fallimento, ai sensi dell’articolo 130 della Legge Fallimentare. La principale conseguenza connessa al provvedimento che dichiara chiuso il fallimento, è la decadenza degli organi della procedura.
Peraltro la eventuale legittimazione ad agire del curatore non sarebbe riscontrabile nemmeno facendo riferimento né alla sua “naturale funzione di tutore degli interessi dei creditori” né alla sua titolarità rispetto alle azioni di massa. L’esclusione della legittimazione è dettata dal fatto che non sussiste alcun principio nel nostro ordinamento per il quale si possa ritenere sussistente un imprecisato potere-dovere del curatore fallimentare di sostituirsi ai creditori nell’esercizio di azioni che ineriscono essenzialmente a diritti di loro titolarità. Tutto ciò, ovviamente, salvo che tale potere-dovere non sia espressamente tipizzato e previsto dalla Legge.
Concordato fallimentare e riapertura del fallimento: a chi spetta la legittimazione ad agire?
Alla stessa conclusione si giunge anche nel caso in cui – intervenuta la risoluzione di un concordato fallimentare – si sia riaperto il fallimento. Anche in questa fattispecie, infatti, la legittimazione ad agire in giudizio per far valere le garanzie prestate da un terzo (assuntore), spetta sempre e soltanto ai creditori. Tale principio lo si evince dal contenuto dell’articolo 140 terzo comma della Legge Fallimentari che precisa che: “I creditori anteriori conservano le garanzie per le somme tuttora ad essi dovute in base al concordato risolto o annullato e non sono tenuti a restituire quanto hanno già riscosso”.
La Suprema Corte, nella fattispecie che stiamo esaminando, ha sottolineato come le garanzie prestate dall’assuntore nell’ambito della proposta di concordato, sono sì confacenti agli interessi del debitore ma sono prestate anche ad esclusivo beneficio dei suoi creditori.
Pertanto, la titolarità del rapporto di garanzia non può che essere riferita solo e soltanto ai creditori, dovendosi escludete qualsivoglia tipo di legittimazione da parte del curatore.