Liquidazione Coatta Amministrativa

Proposta concordatiaria liquidatoria con dilazione pagamento


Se da un lato questa chiarisce diversi dubbi, dall’altro la pronuncia non sembra convincere sulla vexata quaestio della dilazionabilità dei pagamenti dei crediti privilegiati.

E’ necessario, innanzitutto, dare brevemente atto dei propri orientamenti interpretativi circa la dilazione del pagamento dei creditori privilegiati, che vanno dall’approccio “ortodosso” secondo cui i creditori privilegiati devono essere necessariamente soddisfatti all’omologa, ad una posizione per così dire media per cui è ammissibile la dilazione del pagamento del privilegio ancorandola ai tempi tecnici alla liquidazione dei beni, sino a giungere alle  pronunce che hanno ammesso la dilazione affinchè i creditori privilegiati siano “indennizzati” per il tempo richiesto e gli venga attribuito il diritto di voto nella proposta concordataria.

La Corte di Cassazione, riprende uno degli orientamenti sopra citati, prevedendo che (i) non è inammissibile la proposta concordataria di natura liquidatoria che preveda la dilazione del pagamento del ceto privilegiato in un arco temporale superiore a quello corrispondente ai tempi tecnici della liquidazione purché (ii) in favore dei creditori privilegiati dilazionati venga previsto un “compenso” per la dilazione e che (iii) sulla congruità e convenienza di tale compenso i creditori privilegiati siano legittimati al voto.

A tali conclusioni della Corte non corrisponde, tuttavia, un’argomentazione esente da rilievi critici.

Infatti la Corte, pur muovendo dalla corretta osservazione che da un punto di vista logico la soddisfazione dilazionata nel tempo dei creditori privilegiatisi traduce nella loro soddisfazione “non integrale”, spinge poi il proprio ragionamento sino a postulare che al creditore privilegiato dilazionato debba applicarsi lo stesso regime specifico previsto dall’art. 160 secondo comma L.F. per quanto attiene il trattamento riservato al creditore privilegiato la cui prelazione si eserciti su beni incapienti (in tale ipotesi, si rammenta, previa perizia ad hoc che attesti il valore del bene oggetto della causa di prelazione, il creditore privilegiato, per la parte del suo credito che non trova soddisfazione sul ricavato del bene su cui grava la prelazione, viene degradato a chirografo ed è legittimato al voto).

Dunque, anche il creditore privilegiato dilazionato, sarebbe legittimato ad esprimere il proprio voto per il credito corrispondente all’indennizzo dovutogli quale “compenso” per la dilazione.

L’interpretazione sembra forzata. L’ipotesi dell’art. 160 secondo comma L.F. e la dilazione del pagamento del creditore privilegiato in un arco temporale superiore a quello “normale” connesso ai tempi tecnici di liquidazione, rendono il passaggio argomentativo della sentenza non pienamente condivisibile.
La motivazione della Corte di Cassazione non convince nemmeno laddove pretende poi di ricavare dall’esistenza di alcune norme specifiche in tema di transazione fiscale ex art. 182 ter L.F. e da una, per interpretazione a contrariis della norma che, nel concordato con continuità aziendale, consente la “moratoria coatta” annuale del pagamento del ceto privilegiato senza attribuire il diritto di voto (art. 186 bis, secondo comma lett. c), L.F.) un principio generale immanente (ma inespresso) nel sistema che consentirebbe in linea di principio di dilazionare il pagamento dei creditori privilegiati nel contesto di un concordato liquidatorio.

Tutto ciò non è molto aderente al dato normativo attuale e per questo motivo il principio espresso dalla Suprema Corte potrebbe non trovare pieno recepimento da parte della giurisprudenza di merito; nondimeno, la circostanza che la questione della dilazione del pagamento del ceto privilegiato sia giunta all’esame dell’organo giurisdizionale di vertice, sta ad indicare la rilevanza dogmatica (e pratica) della questione e per questo motivo può forse costituire l’occasione avere un intervento legislativo correttivo.